28. Nullità dei comizi. Non solo il partito devoto al governo, ma anche quello delle riforme, considerando di legittima pertinenza del senato la parte militare, amministrativa e finanziaria del governo, si guardavano bene dall'usare pienamente del potere formale delle assemblee popolari, ormai condannate all'inevitabile scioglimento, e tanto meno pensavano di accrescerlo.
Era certamente deplorevole sotto molti aspetti che al popolo sovrano non venisse assegnata nemmeno l'autorità che ha un monarca nella monarchia più limitata, ma, considerata la condizione in cui era allora il meccanismo dei comizi, questa era una necessità riconosciuta anche dagli amici delle riforme.
Perciò nè Catone, nè i suoi amici politici, hanno mai sottomesso alla borghesia una questione che riguardasse il governo propriamente detto: mai estorto al senato, nè direttamente nè indirettamente, col mezzo di un decreto popolare le misure politiche o finanziarie da essi desiderate, come per esempio, la dichiarazione di guerra contro Cartagine e le assegnazioni di territorio.
Il governo del senato sarà stato cattivo; ma le assemblee non potevano governare. Non già che nelle medesime predominasse una maggioranza malvagia; chè, anzi, la voce di un uomo stimabile, il forte grido dell'onore e quello più ancora della necessità, trovavano ancora ascolto nei comizi, ed impedivano quindi estremi danni ed estreme turpitudini; la borghesia, dinanzi alla quale Marcello si giustificò, abbandonò il suo accusatore all'infamia ed elesse l'accusato al consolato per l'anno successivo; l'assemblea si lasciò persuadere anche della necessità della guerra contro Filippo, mise fine alla guerra contro Perseo coll'elezione di Paolo ed accordò a questi i ben meritati onori del trionfo.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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Catone Cartagine Marcello Filippo Perseo Paolo
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