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      Ma l'indebolimento del governo e della stessa repubblica era ancora il più lieve dei pericoli prodotti da questa demagogia. Sotto l'egida dei diritti che la costituzione accordava alla borghesia, si spingeva, e incalzava ancor più, la faziosa potenza degl'individui ambiziosi.
      Ciò che in apparenza veniva proclamato nello stato come volere della suprema autorità, non era, in via di fatto, per lo più che il volere personale del prepotente; e che mai si poteva attendere da una repubblica nella quale la pace e la guerra, la nomina e la destituzione del supremo duce e degli ufficiali, il pubblico tesoro ed i beni pubblici dipendevano dai capricci della moltitudine e di coloro che fortuitamente la guidavano?
      Il temporale non era ancora scoppiato, ma le nubi sempre più dense si accavallavano, e già in mezzo all'afa soffocante s'udiva tratto tratto il rombo del tuono. Si aggiunga che le due tendenze politiche, in apparenza affatto contrarie, coincidevano in modo doppiamente pericoloso nei loro punti estremi, tanto riguardo ai loro fini, quanto riguardo ai loro mezzi.
      La politica dei nobili ereditari, e la demagogia, si facevano una concorrenza egualmente pericolosa col proteggere ed incensare la plebe.
      Gaio Flaminio fu considerato dagli uomini di stato della successiva generazione come colui che aprì il sentiero per il quale si fece strada la riforma dei Gracchi, e - ci sia permesso di aggiungere - più tardi la rivoluzione monarchico-democratica.
      Ma anche Publio Scipione, benchè primeggiasse fra la nobiltà per orgoglio, per avidità di titoli e di clientele, nella sua politica personale e quasi dinastica contro il senato, faceva assegnamento sulla moltitudine, ch'egli sapeva non solo sedurre coll'aureola della sua individualità, ma trarre a sè colle distribuzioni di cereali, e faceva pure assegnamento sulle legioni, delle quali sapeva procacciarsi il favore con mezzi leciti ed illeciti, e particolarmente sui suoi clienti, nell'alta e nella bassa sfera, che gli erano personalmente devoti.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





Flaminio Gracchi Publio Scipione