Benchè non ignorassero la relazione economica che passa tra l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, e particolarmente l'importanza della produzione del concime, gli antichi ignoravano però l'odierna associazione dell'economia agricola all'allevamento del bestiame.
Del grosso bestiame si conservavano soltanto i capi che erano necessari per l'agricoltura e non si mandavano al pascolo, ma si mantenevano tutta l'estate, e per lo più anche l'inverno, nelle stalle.
Si mandavano per contro ai pascoli di stoppia le pecore, che Catone calcola in ragione di 100 capi per ogni 240 iugeri; ma il proprietario preferiva spesso affittare il pascolo invernale ad un grosso possessore di greggi, o di lasciare il proprio gregge di pecore ad un fittavolo a prodotto contro la somministrazione di un pattuito numero di agnelli e di una certa quantità di cacio o di latte.
Nella fattoria si tenevano maiali - Catone fissa 10 porcili per ogni grande tenuta - piccioni, galline, che venivano ingrassate secondo l'occorrenza; e dove v'era possibilità si costruiva un piccolo steccato per i conigli, ed una peschiera - prime modeste basi dei grandi serbatoi e degli estesissimi parchi, che si costruirono col progresso del tempo.
I grossi lavori campestri si eseguivano col bestiame; i buoi servivano per l'aratro; gli asini erano adoperati particolarmente pel trasporto del concime e per far andare il mulino; pare che si tenesse anche un cavallo per uso del padrone.
Queste bestie non si allevavano nel podere, ma venivano comperate; i buoi ed i cavalli erano generalmente castrati.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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Catone
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