Sono convenientemente nutriti il servo ed il toro sino che possono lavorare, perchè non sarebbe conforme ad una buona economia il far loro soffrire la fame; e si vendono come si vende il vomere divenuto inservibile, quando non possono più lavorare, perchè sarebbe contrario ai principî di una savia economia il conservarli più lungamente.
Considerazioni religiose avevano anticamente esercitato una benevola influenza anche in ciò, facendo dispensare il servo ed il toro dal lavoro nei giorni festivi e nei giorni di riposo(37).
Nulla vi è di più caratteristico intorno allo spirito di Catone e dei suoi partigiani quanto il modo con cui essi inculcavano la santificazione delle feste secondo il senso della parola e l'eludevano in quanto alla sostanza, consigliando cioè di lasciare bensì che in quel giorno riposasse l'aratro, ma fossero senza posa occupati gli schiavi con altri lavori non assolutamente vietati. Era massima fondamentale di non accordar loro nessuna sorta di libertà, e non si tentava nemmeno di legare con rapporti di umanità i servi alla tenuta ed al proprietario - lo schiavo, dice una delle sentenze di Catone, deve lavorare o dormire.
La lettera della legge era là, in tutta la sua nuda mostruosità, e non occorreva farsi alcuna illusione sulle conseguenze. «Tanti schiavi, tanti nemici», dice un proverbio romano.
Era una massima di buona economia quella di coltivare anzichè di soffocare le divergenze che sorgevano fra gli schiavi.
Nello stesso senso ammonivano Platone e Aristotile - e non diversamente il cartaginese Magone, che passava per l'oracolo degli agricoltori - di guardarsi bene dal radunare schiavi della stessa nazionalità per non far nascere unioni patriottiche e fors'anche dei complotti.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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Catone Catone Platone Aristotile Magone
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