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      Parlando dei suoi beni di fortuna, egli soleva derivarli da due sole sorgenti: dall'agricoltura e dalla frugalità; e sebbene ciò non fosse nè logico, nè interamente conforme alla verità(47), ciò non toglie che egli fosse, con ragione, considerato dai suoi contemporanei e dai posteri come il modello del possidente romano.
      È purtroppo una verità non meno notevole che incresciosa quella che l'economia rurale era essa stessa stata inquinata dal veleno del commercio dei capitali. Ciò era ovvio per l'economia pastorizia; motivo per cui essa era nel massimo favore presso il pubblico ed in nessuno presso il partito della riforma morale.
      Ma quale era la condizione dell'agricoltura?
      La guerra che i capitalisti, dal terzo al quinto secolo di Roma, avevano fatto al lavoro in modo da toglierne il frutto ai contadini col mezzo degl'interessi per debiti, frutto che ricavavano col lavoro dal suolo per riversarlo nelle mani di quelli che consumavano le rendite nell'ozio, era cessata principalmente per l'estensione dell'economia romana e per l'impiego dei capitali del Lazio nelle speculazioni commerciali attivato in tutto il bacino del Mediterraneo.
      Ora, nemmeno il vasto campo delle speculazioni bastava ad investire l'aumentata massa dei capitali; ed una insana legislazione tendeva a decidere i senatori ad impiegare sottomano i loro capitali nell'acquisto di tenute in Italia deprezzando nel tempo stesso sistematicamente il suolo coltivabile della penisola, influendo sul prezzo del grano.
      Così cominciava, dunque, la seconda campagna dei capitalisti contro il libero lavoro, o, ciò che presso gli antichi in sostanza valeva lo stesso, contro il sistema delle piccole tenute agricole; e se la prima campagna fu dura, essa parve mite ed umana paragonata alla seconda.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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