Anche nell'Etruria fu necessaria l'opera delle truppe romane contro una banda di schiavi (558=196), e persino nel Lazio avvenne che alcune città, come Sezze e Palestrina corsero pericolo di essere assalite da bande di servi fuggitivi (556=198). La nazione andava scemando a vista d'occhio, e la comunità dei liberi cittadini tendeva a divenire un corpo di padroni e di schiavi; e sebbene le due lunghe guerre con Cartagine sieno state la causa principale della decimazione e della rovina dei cittadini romani e dei loro alleati, furono però, senza dubbio, i capitalisti romani quelli che contribuirono, non meno di Amilcare e d'Annibale, a indebolire e a ridurre la popolazione italica.
Nessuno può dire se il governo avesse potuto rimediarvi; ma è un fatto che fa terrore e vergogna quello che nei circoli dell'aristocrazia romana, i quali avevano pure in gran parte ancora giustezza d'idee ed energia, non si comprendesse la gravità della situazione, nè vi fosse il presentimento del pericolo sovrastante.
Essendosi un giorno trovata nel foro romano, in una gran calca, una dama romana dell'alta nobiltà, sorella d'uno dei molti ammiragli della borghesia che nella prima guerra punica avevano mandato a male le flotte della repubblica, essa disse ad alta voce, che sarebbe stato il caso di porre di nuovo suo fratello alla testa d'una flotta, così, con un altro salasso alla borghesia, si sarebbe diradata la calca nel foro (508=246). È ben vero che quelli che così pensavano e così si esprimevano non erano in gran numero; ma queste oltraggiose parole erano però la mordace espressione della criminosa indifferenza colla quale tutta l'alta e doviziosa società guardava i comuni cittadini ed i contadini.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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