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      È una vergogna se non mando qualche cosa. Anche alla sacrificatrice devo assolutamente fare un dono»(50).
      I Romani di questo tempo non crearono già un dio d'oro come ne avevano creato uno d'argento; ma ciò nondimeno esso regnava tanto sulle più elevate quanto sulle infime sfere della vita religiosa.
      L'antico orgoglio della religione nazionale latina, la equità delle moderate sue richieste erano spariti irrevocabilmente. Ma nello stesso tempo se n'era andata anche l'antica semplicità.
      6. Teologia. La teologia, figlia spuria della religione e della fede, già si affaccendava ad insinuare nell'antica schietta fede nazionale la propria noiosa prolissità e la solenne inanità, cacciandone il vero suo spirito.
      Il catalogo dei doveri e dei privilegi del sacerdote di Giove potrebbe, per esempio, trovare benissimo un posto nel Talmud.
      Si faceva, praticamente, tanto abuso della massima, naturale per se stessa, la quale stabiliva che erano bene accetti agli dei soltanto quei servizi religiosi i quali venivano compiuti senza alcun errore, che un sacrificio fu ripetuto per trenta volte, l'una dopo l'altra, a cagione di qualche svista, ed i giuochi, considerati essi pure come culto divino, furono ritenuti come non fatti e dovettero essere ricominciati da capo sino a sette volte, l'una dopo l'altra, perchè l'ufficiale che li dirigeva aveva commesso un errore, o perchè la musica aveva fatto una stonatura.
      7. Irreligiosità. Già in questa esagerata scrupolosità si scorgeva un principio di affievolimento; e la reazione, cioè l'indifferenza e la miscredenza, non si fecero attendere.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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