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      Nella prima guerra punica (505=249) fu già notato che il console stesso, il quale aveva da interrogare gli auspici prima della battaglia, apertamente li schernì; è vero che esso apparteneva alla famiglia eccentrica dei Claudi, la quale, e nel bene e nel male, precorreva il suo tempo.
      Già verso la fine di quest'epoca si odono lagnanze circa l'inosservanza delle norme rituali da parte degli aùguri, lagnanze riflesse nelle parole di Catone, che biasimavano come molte nozioni ornitologiche e regole augurali cadessero in dimenticanza per la pigrizia del relativo collegio.
      Un aùgure come Lucio Paolo, il quale considerava il sacerdozio come una scienza e non come un vano titolo, era già una rara eccezione, e lo doveva essere, se il governo, sempre più apertamente e sfacciatamente, si avvaleva degli auspici per raggiungere sue mire politiche, ch'è come dire, trattava la religione nazionale, secondo il concetto di Polibio, come una superstizione atta ad influenzare le masse. Dove il terreno era così predisposto, lo spirito della irreligiosità ellenica trovava libero accesso.
      Coll'incipiente passione dell'arte già al tempo di Catone si cominciarono ad ornare le abitazioni dei ricchi colle sacre immagini degli dei come s'adornavano con altri mobili.
      Più gravi colpi furono poi portati alla religione dalla nascente letteratura. È vero, che questa non osava attaccarla di fronte, e ciò che essa aggiungeva alle idee religiose - come, per esempio il Padre Cielo, Saturno romano, rifatto da Ennio ad imitazione dell'Urano greco - portava bensì il marchio ellenico, ma non aveva una grande importanza.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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