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      Generalmente mangiava e beveva alla stessa mensa coi servi, e non permetteva che il pasto costasse più di 30 assi (L. 1,50); in tempo di guerra era bandito dalla sua mensa persino il vino e si limitava a bere acqua e, a seconda delle circostanze, acqua corretta con l'aceto. Egli non era però nemico dei conviti e sedeva volentieri e lungamente a mensa, tanto in città nel suo circolo d'amici, quanto in campagna coi suoi vicini, e, siccome aveva molta esperienza ed uno spirito pronto, era per conseguenza un ospite piacevole; non sdegnava nè i dadi nè la bottiglia, e nel suo libro d'economia, fra l'altro, si trova persino una ricetta coll'indicazione d'un rimedio per le conseguenze d'una cena straordinariamente lauta e d'una smodata libazione.
      Egli era estremamente attivo e si conservò tale fino alla fine dei suoi giorni.
      Ogni momento della sua giornata era stabilito per una occupazione, e ogni sera soleva ripassare nella sua memoria ciò che aveva udito, detto e fatto durante il giorno.
      Così egli trovava il tempo per disimpegnare i propri affari e per trattare quelli dei suoi conoscenti e della repubblica, e gliene avanzava per la conversazione e pei divertimenti. Tutto faceva con sveltezza e con poche parole; nulla gli era tanto odioso quanto il troppo affacendarsi e il darsi un'importanza per cose da poco.
      Così viveva l'uomo che presso i suoi contemporanei e presso la posterità era citato come il modello del cittadino romano, e in cui, sebbene sotto qualche ruvida forma, si specchiavano l'energia e l'onestà romana di fronte all'indolenza e all'immoralità greca.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343