L'antico e pregiato costume del canto e della declamazione degli ospiti e dei loro ragazzi fu sostituito delle citarede asiatiche.
Fino allora i Romani avevano bevuto abbondantemente nei loro pasti, ma non si erano dati appositi banchetti per bere; ora venne in voga frequentare le bettole, dove non si temperava il vino, o lo si temperava poco, e lo si beveva in grandi coppe; vennero in voga i brindisi, a cui tutti, l'un dopo l'altro, facevano onore, il che chiamavano «bere alla greca» (graeco more bibere) o «grecizzare» (pergraecari, congraecare).
In queste gozzoviglie, il giuoco dei dadi, già da lungo tempo in uso presso i Romani, assunse tali proporzioni che vi si dovette intromettere il legislatore.
L'avversione al lavoro e l'andare a zonzo furono all'ordine del giorno(52). Catone fece la proposta di selciare il foro con pietre aguzze per impedire il gironzolare di questi sfaccendati; i Romani risero della celia, ma continuarono a godersi lo spettacolo a bocca aperta.
Abbiamo già parlato dell'enorme sviluppo che i divertimenti popolari presero durante quest'epoca. Al principio d'essa - astrazion fatta da poche insignificanti corse di cavalli e di carri che si potevano chiamare piuttosto cerimonie religiose - si dava una sola festa generale nel mese di settembre, che durava quattro giorni e per la quale era stabilita una somma fissa, che non poteva essere sorpassata. Alla fine di questa epoca la festa, di cui si discorre, era stata prolungata sino a sei giorni; e, oltre alla medesima, si celebrava ai primi di aprile la festa della «madre degli dei» o i cosiddetti giuochi megalesi; verso la fine d'aprile la festa di Cerere o di Flora; in giugno quella d'Apollo, in novembre la festa dei plebei, le quali tutte duravano probabilmente parecchi giorni.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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