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      Gli elementi di coltura contenuti nelle produzioni sceniche e musicali furono abbandonati; non entrava assolutamente nell'intenzione degl'impresari romani elevare col potere della poesia, benchè temporaneamente, tutta la massa degli spettatori al livello del sentimento dei migliori, come si praticava nel teatro greco nel tempo del suo splendore, o dare ad una classe scelta di persone un godimento artistico, come si sforzano di fare i nostri teatri. Per dare un'idea di coloro che dirigevano in Roma gli spettacoli, e degli spettatori, citeremo la scena avvenuta in occasione dei giuochi trionfali del 587=167, in cui i primi suonatori di flauto greci, non avendo incontrato favore le loro melodie, furono dal direttore dello spettacolo obbligati, invece di suonare, a battersi tra loro a pugni, ciò che produsse un entusiasmo frenetico.
      Ma ormai non era più il contagio greco che guastava i costumi romani, erano gli scolari che incominciavano a demoralizzare i loro maestri.
      Il re Antioco Epifane, scimmiottatore dei costumi romani, fu il primo ad introdurre alla corte di Siria i combattimenti dei gladiatori, che non erano conosciuti in Grecia, e sebbene essi suscitassero, fin dal principio, più orrore che piacere nel più umano e artistico pubblico greco, pure vi si sostennero e, a poco a poco, vi vennero di moda.
      Come era ben naturale, questa rivoluzione nella vita e nei costumi traeva seco una rivoluzione nell'economia.
      Il soggiorno nella capitale andava sempre più in voga e riusciva sempre più dispendioso.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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