Gli affitti delle case si elevavano a somme inaudite. I nuovi articoli di lusso si pagavano a prezzi favolosi; un barile di sardelle del mar Nero costava 1600 sesterzi (L. 375), più che uno schiavo da aratro; un bel ragazzo 24.000 sesterzi (L. 6435), più che una masseria.
Danaro, dunque, e sempre danaro, era la parola d'ordine nelle classi alte e basse.
In Grecia era antico costume di non far nulla per nulla, ed i Greci stessi ne convenivano cinicamente; dopo la seconda guerra macedone i Romani incominciarono ad ellenizzarsi anche sotto questo rapporto.
Si dovette sostenere l'onestà con appoggi legali, e fu necessario vietare agli amministratori, con un plebiscito, di prendere danaro pei loro servizi; una bella eccezione facevano soltanto i giureconsulti, i quali, data la loro onorabilità, non ebbero bisogno di essere costretti da un plebiscito a dare gratuitamente i loro consulti. Non si rubava apertamente, se era possibile; ma sembrava che fossero permesse tutte le vie tortuose per ammassare rapidamente ricchezze; saccheggio e questua, inganno nei contratti di somministrazioni e raggiri nelle speculazioni, usura negli interessi e nei prezzi del grano, e perfino l'economica utilizzazione dei rapporti puramente morali come sarebbe l'amicizia ed il matrimonio.
I matrimoni erano, per entrambe le parti, materia di speculazione; erano comuni i matrimoni contratti per interesse e si riconobbe la necessità di rifiutare la legale validità delle donazioni che gli sposi si facevano reciprocamente.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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