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      Gli schiavi e i liberti italiani, che in gran parte erano greci o semi greci di nascita, avevano diffuso la lingua greca e il pensiero greco, sino ad un certo punto, anche nelle infime classi della popolazione, specialmente nella capitale.
      Le commedie di quell'epoca provano appunto che i popolani parlavano un latino che, per essere compreso, suppone la conoscenza della lingua greca, com'era necessario conoscere la lingua francese per comprendere l'inglese di Sterne ed il tedesco di Wieland(53).
      I membri delle famiglie senatorie non solo parlavano greco davanti ad un pubblico greco, ma diffondevano anche i loro discorsi tenuti in quella lingua. Tiberio Gracco (console 577-591=177-163), pubblicò un suo discorso tenuto in greco a Rodi e i senatori al tempo d'Annibale scrivevano le loro cronache in greco, del che dovremo parlare in seguito.
      Altri andarono ancora più in là. I Greci onorarono Flaminino con omaggi in lingua romana; e Flaminino ricambiò il complimento: il «grande generale degli Eneidi» offrì agli dei greci, secondo il costume greco, con distici greci, il suo dono votivo(54); Catone rimproverò un altro senatore perchè non si era vergognato di declamare recitativi greci con la voluta modulazione durante i banchetti.
      L'istruzione romana si sviluppava sotto l'influenza di questa tendenza.
      È un pregiudizio credere che, nella diffusione generale delle nozioni elementari, l'antichità sia stata sostanzialmente inferiore ai tempi nostri. Anche nelle basse classi e fra gli stessi schiavi si leggeva molto, si scriveva e si facevano conti.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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