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      Invece del teatro stabile si erigeva, ad ogni festa, un palco di assi con una scena per gli attori (proscenium, pulpitum) e con un fondo decorato (scena) e un semicircolo innanzi al quale s'alzava una platea per gli spettatori (cavea), la quale, senza gradini e senza sedili, si riduceva ad un piano inclinato, di modo che gli spettatori, se non si portavano delle seggiole o si accoccolavano, o si sdraiavano, o stavano in piedi(59).
      Pare che le donne fossero, sin dai primi tempi, tenute separate dagli uomini, e che ad esse fossero assegnati i più alti e peggiori posti.
      Fino al 560=194 i posti non erano distinti, per legge: dopo, come abbiamo già notato, furono riservati ai senatori i più bassi e migliori.
      Il pubblico era tutt'altro che un pubblico scelto.
      È vero, però, che le classi alte non si astenevano di intervenire ai pubblici trattenimenti popolari, e i senatori si ritenevano persino obbligati, per sostenere il loro decoro di mostrarvisi.
      Ma, com'è naturale, in una festa politica, erano esclusi dal teatro gli schiavi e così anche i forestieri, però si concedeva l'ingresso gratuito ad ogni cittadino, alla moglie ed ai figli(60) e gli spettatori non furono certo diversi da quelli che si vedono oggi ai pubblici spettacoli pirotecnici e alle rappresentazioni gratuite.
      Naturalmente le cose non procedevano con molto ordine; i fanciulli gridavano, le donne chiacchieravano e strillavano, e talvolta una sgualdrina tentava d'introdursi sulla scena; i vigili, in quei giorni, non erano in festa ed avevano frequenti occasioni di sequestrare mantelli e di usare la verga.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343