In generale, in quei luoghi di Plauto che si riferiscono agli avvenimenti e ai rapporti del tempo, non v'è quasi altro che auguri per la pace e per la guerra prospera(64); invettive contro gl'incettatori di grano, e in generale contro gli usurai, contro i dissipatori, contro i brogli dei candidati contro la frequenza dei trionfi, contro gli esattori delle multe, contro gli appaltatori dei dazi, contro gl'ingordi prezzi dei mercanti d'olio; una volta, nel Curculio, si trova una lunga e ingente diatriba su quanto avviene nel foro romano, la quale ricorda la parabasi dell'antica commedia attica.
Ma il poeta s'interrompe anche in questa tirata patriottica, che in fondo non mancava di rispetto alla polizia: «Ma non sono io pazzo a darmi pensiero dello stato, non sono forse i magistrati cui tocca provvedere?» e considerando le cose nell'insieme non si può quasi immaginare una più mite commedia politica di quella che fu la romana nel sesto secolo(65).
Una notevole eccezione fa solo Gneo Nevio, il più antico poeta comico romano di rinomanza. Benchè egli non scrivesse propriamente commedie originali romane, i pochi brani di quelle composte da lui, che ci pervennero, sono pieni di allusioni a cose e persone romane.
Fra le tante libertà che si prese, non solo mise in ridicolo un certo pittore Teodato chiamandolo per nome, ma diresse persino al vincitore di Zama i versi seguenti, dei quali Aristofane non avrebbe sdegnato di essere autore:
Quegli stesso che già compì gloriosamente le grandi imprese,
| |
Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
|
|
Plauto Curculio Gneo Nevio Teodato Zama Aristofane
|