Ciò nonostante fu possibile che fra di loro sorgessero alcuni vitali e vigorosi ingegni; i quali ebbero almeno il coraggio di respingere l'elemento straniero dalla poesia, e, una volta trovata la via, produrre piacevoli ed anche importanti creazioni.
13. Nevio. Alla loro testa trovasi Gneo Nevio, il primo romano che meriti il nome di poeta, e, per quanto le notizie pervenuteci sul suo conto ed i pochi frammenti delle sue opere ci permettono di giudicare, diremo che egli fu uno degli ingegni più memorabili e notevoli di tutta la letteratura romana.
Egli era contemporaneo di Livio Andronico, ma più giovane di lui; la sua carriera poetica cominciò assai prima delle guerra annibalica e finì probabilmente dopo di essa.
Seguace o piuttosto successore di Andronico, egli si provò in tutte le forme dell'arte che veniva introducendo il suo predecessore: nell'epica, nella tragedia e nella commedia e si avvicinò a lui anche nelle forme metriche.
Ciò non pertanto un immenso abisso divide i due poeti e le due scuole. Nevio non era nè liberto, nè maestro di scuola, nè attore, ma un cittadino d'illibati costumi, romano, se non di nascita, almeno d'istinto, provenendo con molta probabilità da un comune latino della Campania, e fu soldato nella prima guerra punica(70).
All'opposto della lingua di Livio, quella di Nevio è facile e chiara, non è dura nè affettata, e pare persino che egli eviti nella tragedia, quasi a bella posta, il pathos; i versi scorrono facili ed eleganti, malgrado il non infrequente iato ed altre licenze, che in seguito scomparvero.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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