Il traduttore ha senza dubbio, anche in questo, conservato ciò che gli originali contenevano di buono, invece di crearlo.
Quel tanto che in queste elaborazioni si può, con tutta probabilità, riguardare come creazione del traduttore non va, a voler essere benevoli, oltre la mediocrità, ma nondimeno basta a spiegarci perchè Plauto divenne e rimase il vero poeta popolare di Roma e la pietra angolare della scena romana; e il motivo per cui, anche dopo la decadenza del mondo romano, il teatro ricorse ripetutamente alle sue produzioni.
15. Cecilio. E molto meno possiamo formarci uno speciale giudizio del terzo ed ultimo notevole scrittore di commedie di quest'epoca, Stazio Cecilio, non contando Ennio, il quale scrisse anch'egli commedie, ma assolutamente senza successo.
La posizione sociale e la professione di Cecilio erano uguali a quella di Plauto.
Nato nella Gallia cisalpina, nelle vicinanze di Mediolanum, venne a Roma coi prigionieri di guerra dell'Insubria, guadagnandosi la vita durante la schiavitù, e dopo che venne restituito in libertà, col tradurre e adattare pel teatro romano commedie greche. Morì, a quanto pare, ancora giovane (586=168).
A causa della sua origine, non seppe usare una lingua troppo pura, ma in compenso si studiava, come abbiamo già accennato, di dare alle sue composizioni una forma aderente alle norme dell'arte.
Le sue commedie non ebbero gran successo presso i contemporanei, ed anche il pubblico dei tempi posteriori abbandonò Cecilio per Plauto e per Terenzio; se, ciò malgrado, i critici del secolo d'oro della letteratura romana, il secolo di Varrone e di Augusto, assegnarono a Cecilio il primo posto tra i manipolatori di commedie greche, pare che questo giudizio debba provarci una volta di più come la critica mediocre dia volentieri la preferenza ad uno spirito con cui abbia alcune affinità, che non a spiriti eletti.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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