Fu proprio Euripide colui che introdusse il difetto di preparare la trama col prologo e di scioglierla con una apparizione divina o con qualche altro simile mezzuccio.
Egli cerca l'effetto nei particolari ed impiega ogni arte per nascondere l'irreparabile difetto poetico.
Euripide č maestro nei cosiddetti effetti, sentimentalmente coloriti, che spesso stimolano la sensualitā con uno speciale raffinamento come, per esempio, con l'intrecciare soggetti amorosi cogli orrori di assassinii e incesti.
Le descrizioni della fine di Polissena, di quella di Fedra che si uccide per una segreta pena d'amore, e particolarmente quella magnifica delle baccanti, misticamente rapite in estasi, sono, nel loro genere, di una somma bellezza; ma esse non sono nč artisticamente nč moralmente pure, e il sarcastico rilievo d'Aristofane che il poeta non fosse capace di descrivere una Penelope, č pienamente fondato.
Le stesse considerazioni possono farsi sul sentimento di umanitā e di pietā che si trova nelle sue tragedie. Se i suoi fiacchi eroi, come Menelao, Andromaca, Elettra (diventata una povera contadina), l'ammalato e rovinato mercante Telefo, sono noiosi e ridicoli (e d'ordinario sono le due cose insieme), invece il pių piacevole effetto producono quelle tra le sue opere che si mantengono, di preferenza, nell'atmosfera della comune realtā e che passano dalla tragedia alle commoventi complicazioni della vita domestica, e quasi, anzi, al dramma sentimentale, come l'Ifigenia in Aulide, la Jone, l'Alceste.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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