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      Non possiamo a meno di ricordare come il pubblico che assisteva a queste tragedie era abituato agli spettacoli dei gladiatori. La più profonda impressione facevano, come pare, le parti affidate alle donne e agli spettri. La più spiccata differenza tra le produzioni romane e i modelli greci si riscontra dopo l'ammissione delle maschere nel coro.
      Il teatro romano, eretto sin dal principio per la commedia senza coro, mancava dello spazio per la danza (orchestra) coll'ara in mezzo, sul quale il coro greco eseguiva la sua parte, o, per dir meglio, questo spazio serviva, presso i Romani, come una specie di palcoscenico, in conseguenza di che a Roma, dev'essere stata soppressa almeno la danza corale, colle sue artistiche alternative di suono e di declamazione, e se pure il coro rimase, esso era di poca importanza.
      In molti casi si arrischiavano cambiamenti di metro, abbreviature e trasformazioni; nella traduzione latina dell'Ifigenia di Euripide, per esempio, o per seguire il modello di un'altra tragedia, o per capriccio del traduttore, al coro delle donne venne sostituito un coro di soldati.
      Le tragedie latine del sesto secolo non possono, secondo la nostra opinione, essere dette buone traduzioni(76); però una tragedia di Ennio derivata da Euripide rende una immagine dell'originale molto meno oscuramente che non una commedia plautina tratta da Menandro.
      La posizione storica e l'influenza della tragedia greca, in Roma, sono perfettamente eguali a quelle della commedia greca; e se, come lo vuole la diversità delle composizioni, nella tragedia la tendenza ellenistica si mostra più pura e più spirituale, così la scena tragica di questo tempo, ed il suo principale rappresentante, Ennio, ostentavano, invece, una più precisa tendenza antinazionale, volutamente propagandistica.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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