Pagina (270/343)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Abbiamo già osservato che Ennio, in un poema didascalico, predicava scientificamente la stessa irreligiosità, ed è evidente che questa propaganda gli stava a cuore.
      Con questa tendenza s'accorda l'opposizione politica(79) che si manifestava qua e là, con una tinta di radicalismo: la glorificazione dei piaceri della mensa dei greci e, innanzi tutto, la soppressione dell'ultimo elemento nazionale nella poesia latina, del metro saturnio, a cui venne sostituito il greco esametro. Essere riuscito con eguale felicità in tutte queste innovazioni, aver trovato il modo d'innestare l'esametro in una lingua che originariamente non aveva dattili; aver potuto, senza perdere la naturale scorrevolezza dello stile, muoversi con sicurezza e libertà in mezzo a tante forme nuove e a tanti suoni inusitati, sono altrettante prove dello straordinario talento plastico del poeta multiforme, che in fatti ci appare più greco che romano(80); tanto che, anche dov'egli incespica, cade più frequentemente nell'allitterazione greca che nella rozzezza romana(81).
      Egli non era un grande poeta, ma un uomo di talento piacevole e sereno, dotato d'una squisita sensibilità: per trovar la vena gli era però necessario il coturno tragico, mancandogli assolutamente l'ispirazione comica.
      Tutto ciò spiega l'orgoglio col quale questo propagatore delle idee elleniche riguardava quelle rozze melodie «che già i fauni e i vati cantavano» e l'entusiasmo col quale egli celebra la propria missione artistica:
      Enni poeta salve, qui mortalibus


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





Ennio