Ennio si propone lo stesso compito di Nevio, ma la somiglianza del soggetto non fa che mettere in maggior rilievo l'antitesi politica e poetica del poeta nazionale e del poeta antinazionale(83).
Nevio scelse pel nuovo soggetto che aveva impreso a trattare una forma nuova: Ennio lo adattò e, meglio, lo costrinse nella forma dell'epopea ellenica.
L'esametro sostituisce il verso saturnio, e l'ornata maniera degli omeridi, anelante a plastica evidenza, sostituisce la semplice narrazione storica.
Ovunque lo si può fare, si traduce addirittura Omero, così, per es., sono descritti i funerali dei caduti presso Eraclea, secondo il cerimoniale dei funerali di Patroclo: e Marco Livio Stolo, sotto l'elmo del tribuno che combattè contro gl'Istriani, altro non è che l'Aiace d'Omero; al lettore non si fa nemmeno grazia dell'invocazione omerica alla musa.
Le formule epiche sono usate senza il minimo scrupolo: così, per esempio, dopo la battaglia di Canne, Giunone perdona ai Romani in pieno consiglio degli dei, e Giove, ottenuto il benevolo consenso della moglie, promette loro la vittoria finale sui Cartaginesi.
Nè gli «Annali» contraddicono alla tendenza neologica ed ellenica dell'autore. Il solo impiego degli dei come parte decorativa ne è una prova.
Nella meravigliosa visione, con la quale il poema comincia, si narra pitagoricamente che l'anima, ora passata in Quinto Ennio, era stata prima in Omero, e prima ancora in un pavone, e spiega poi con maniera fisico-filosofica la natura delle cose e la relazione del corpo con l'anima.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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