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      Tito Flaminino (560=149) e Marco Fulvio Nobiliore (567=187), i due sostenitori principali dell'ellenismo romano, non meno di Lucio Paullo (587=167) furono quelli che riempirono i pubblici edifici romani di capolavori dello scalpello greco.
      E, anche in questa occasione, i Romani si convinsero che l'amore per le arti come quello per la poesia, costituiva una parte essenziale della coltura ellenica cioè della moderna civiltà; ma mentre era impossibile appropriarsi della poesia greca senza una certa attività poetica, nel campo delle arti plastiche e pittoriche i Romani parve si appagassero della sola contemplazione dei capolavori che si poterono acquistare come oggetti materiali, e perciò Roma, che per sforzo di volontà si creò una letteratura propria, non fece alcun tentativo per sviluppare in sè un'arte propria(97).
     
      FINE DEL QUARTO VOLUME
     
     
     
     
      NOTE
      (1) Secondo un decreto della città di Lampsaco, scoperto recentemente (Comunicazione Ist. Arch. di Atene 6, 95), i Lampsaceni, dopo la disfatta di Filippo, mandarono ambasciatori al senato romano con la preghiera che la città venisse inclusa nel trattato tra Roma e il re (Filippo). Preghiera che il senato, almeno secondo il concetto dei supplicanti, volle esaudire, rimandandoli per il resto a Flaminino e a dieci ambasciatori. Allora quelli richiesero a costoro in Corinto garanzia della loro costituzione e della loro «lettera ai re».
      Flaminino dette loro anche altre simili scritture; sul contenuto delle quali noi non sappiamo nulla di più preciso se non che l'ambasceria venne indicata nel decreto come un successo.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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