(36) Parlando della vendemmia, Catone non dice proprio così, ma così dice VARRONE (1, 17) e così è anche nella natura delle cose. Sarebbe stato un errore nell'economia quello di fissare il numero degli schiavi d'un podere dall'entità dei lavori della messe, e quando pure ciò fosse avvenuto, non si sarebbero vendute le uve sulla vite come pure succedeva frequentemente (CATONE 147).
(37) COLUMELLA (2, 12, 9) calcola in media in un anno 45 giorni piovosi e festivi; con cui si combina, che secondo TERTULLIANO (de idolol. 14) il numero delle feste dei pagani non pareggia nemmeno i 50 giorni, che costituiscono il tempo di tripudio dei cristiani da Pasqua a Pentecoste. A questi si aggiunga il tempo di riposo della metà inverno dopo terminata la semina autunnale, calcolato da COLUMELLA in trenta giorni. In questi cadeva senza dubbio la «festa mobile della semina» (feriae sementivae; confr. OVID., Fast. 1, 661). Questo mese di riposo non si deve confondere colle ferie dei tribunali nelle epoche delle messi (PLIN. 8, 21, 2 e altrove) e della vendemmia.
(38) Il prezzo medio del frumento nella capitale, almeno nel settimo ed ottavo secolo di Roma, può calcolarsi a un denaro il moggio romano, pari a L. 4 lo staio prussiano, che oggi (secondo il prezzo adeguato alla provincia di Brandeburgo e nella Pomerania dal 1816 al 1841) costa circa L. 6,75. Non è facile decidere se questa non molto ragguardevole differenza dei prezzi romani e degli odierni dipendesse piuttosto dall'aumento del valore del grano che dall'abbassamento di quello dell'argento.
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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