E il motivo è tolto dall'«Iliade» 21; 391.
(81) Si legge nella «Fenice»:
- stultus, qui cupita cupiens cupienter cupit.
(Stolto colui che le cose desiderate desiderando, desiosamente desidera), - e questo non è ancora il più sciocco modo di gonfiar frasi. Vi si rinvengono anche dei giuochi acrostici (CIC. de div., 2, 54, 111).
(82) Ne daranno un'idea questi pochi frammenti:
Parlando di Didone:
Blande et docte percontat, Aenea quo pactoTroiam urbem... liquerit...
(Soavemente e saviamente essa domanda in qual modo Enea abbandonasse la città di Troia).
Poi d'Amulio:
Manusque susum ad caelum sustulit suas rexAmulius divisque gratulabatur.
(Le sue mani ai cielo sollevò re Amulio; rendeva grazie ai numi).
Da un discorso, in cui è notevole la costruzione indiretta:
Sin illos deserant fortissimos virorummagnum stuprum populo fieri per gentis.
(Che se essi abbandonassero que' valentissimi tra gli uomini gran vituperio ne verrebbe al popolo, per generazioni).
(83) Riferendosi allo sbarco a Malta nell'anno 498:
Transit Melitam Romanus, insulam integramUrit vastat populatur, rem hostium concinnat.
(Il Romano oltrepassa Malta - tutta intera l'isola arde, saccheggia, devasta - concia il nemico per le feste).
Parlando per ultimo della pace che mise fine alla guerra per la Sicilia:
Id quoque paciscunt, moenia sint Lutatium quaeReconcilient; captivos plurimos idem
Sicilienses paciscit obsides ut reddant.
(Ciò anche pattuiscono, che i doni sieno quelli che Lutazio riconcilino; egli esige molti prigionieri siciliani, e che si restituiscano gli ostaggi).
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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 343 |
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