Per le acclamazioni, come ne' cori di musica, vi era un corifèo, vale a dire un uomo, che dava non solo le parole, ma che ne prescriveva ancora il canto. Il popolo ne ripeteva esattamente le parole, il che può paragonarsi in certo modo al ritornello delle canzoni. Da ciò furono chiamate cantica, arie, canzoni. Si trovano ancora negli antichi alcune di queste formule, come per esempio: Dii te nobis servent, che li Dei ti conservino per noi. Vestra salus, nostra salus, la nostra conservazione dipende dalla vostra. Talvolta queste formule erano in versi, e Tertuliano ce ne ha conservata una, che comincia così: De nostris annis addat tibiJupiter annos etc.
Negli ultimi tempi si tenne registro delle acclamazioni, e si prese nota negli atti pubblici di quante volte erano state ripetute. Acclamatum est decies, vicies, sexagies, etc. etc.
ACCUBITA. Nome, che i Romani davano ai letti, sopra i quali mangiavano. Da' differenti testi degli autori sembra che questo nome fosse comune tanto a questi letti, che a quelli destinati al sonno, colla sola differenza nella forma, e che non erano in uso se non tra i grandi. ed i ricchi. Non bisogna confonderli con i semplici letti lecti triclinares, o lectuli discubitorii, di cui si serviva la gente di mediocre condizione. Si faceva pompa ne' primi di tutto ciò, che il lusso ha di più ricercato, insieme a ciò che la mollezza poteva immaginare di più raffinato: quelli che si vedevano nel Triclinion o Biclinion, Sala dove si mangiava, nelle case dei ricchi erano centinati, per adattarli alla Tavola, sulla quale si serviva, e che era rotonda, Ciò li fece chiamare ancora sigmata, perchè la loro forma era presso a poco simile a quella d'un carattere Greco, che ha la figura del nostro C. (V. Nutrimento).
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