Dice ancora che si mettevano i corpi dei Re, che si bruciavano dopo morte, in certe tuniche di questa tela per separare le loro ceneri da quelle del rogo. Se le dà comunemente il nome di tela d'Amianto; pietra, a cui si attribuiscono proprietà meravigliose, cioè, che resiste al fuoco, che si può filare, e farne tela; ma è d'uopo l'osservare che nel luogo(5), ove Plinio parla della tela incombustibile. non fa parola della pietra d'Amianto, e che in un altro luogo(6), in cui dice che questa pietra non può essere alterata dal fuoco nihil igni deperdit, non parla niente affatto della proprietà, che le viene attribuita, quella cioè di potere esser filata. Lungi dunque dal potere indurre dal testo di tal Autore che l'Amianto fosse la materia di questa tela incombustibile, vi si trova per lo contrario ben espressamente indicato che era fatta d'una specie di lino, che i Latini chiamavano vivum, ed i Greci asbeston.
Così Plinio, dopo d'aver parlato delle meraviglie di questa tela incombustibile, ne conclude che il lino, con cui si faceva, era il più prezioso e il più stimato di tutto l'Universo; ergo huic lino principatus in toto orbe. Quando dunque fosse dimostrato che non si può far della tela colla pietra d'Amianto, non sarebbe però meno certo che gli antichi abbiano avuto l'arte di fare una tela incombustibile, e ciò trovasi invincibilmente attestato dalla scoperta, che è stata fatta al principio di questo secolo presso ad una porta di Roma. Quella è un'urna funebre ornata all'esterno di bassirilievi elegantissimi, in cui vi erano ceneri, un cranio, e delle ossa bruciate, involte in un lenzuolo di tela incombustibile d'una prodigiosa grandezza, poichè esso ha cinque piedi, sette pollici e dieci linee e mezzo di lunghezza, e quattro piedi, undici pollici, nove linee e mezo di larghezza.
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