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      L'infanteria era ordinariamente posta nel centro in una o più linee, e la cavalleria alle due ali. Era assai comune, specialmente a certi popoli, mandar delle grida, e battere le loro spade sopra gli scudi in tempo che avanzavansi per attaccare il nemico. Quel romore unito al suono delle trombe era molto proprio a soffogare in essi, con una specie di stordimento, il timor del pericolo, e ad ispirar loro un coraggio, che non aveva altro scopo che la vittoria, sfidando, per così dire, la morte.
      Talvolta le truppe andavano a sangue freddo ed a lenti passi alla pugna: altra volta, quando avvicinavansi al nemico, si slanciavano contro di esso con tutto l'impeto di una rapida corsa.
      I soldati armati alla leggiera cominciavano per lo più l'azione, e scoccavano i dardi, le freccie, e le pietre contro degli Elefanti se ve n'erano o contro de' Cavalli, e dell'Infanteria per procurare di porvi il disordine: dopo di che si ritiravano a traverso dei vuoti delle loro truppe dietro alla prima linea, di dove continuavano le loro scariche al di sopra della testa degli altri soldati.
      I Romani incominciavano il combattimento col lanciare de' dardi contra il nemico; quindi venivano alle mani; ed era allora che distinguevasi il rispettivo valore, e che si faceva la maggiore carnificina.
      Allorchè erano giunti al punto di rompere le file dell'inimico, od a porlo in fuga, il gran periglio era, come lo sarà sempre, d'incalzarlo con troppo ardore, e di obliare ciò che succede nel rimanente dell'armata lasciata indietro.


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Dizionario compendiato di antichità
di Etienne Jean Monchablon
Firenze dai torchi di Gio. Marenigh
1821-1822 pagine 560

   





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