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      Effettivamente il Coro era l'Uomo onesto della Teatrale Rappresentanza.
      Quanto all'altro incarico, che consisteva in cantare negl'intervalli, se ne disimpegnava come avanti, mescolando delle cantate gravi e maestose al canto di tutte le voci riunite; con questa differenza però che dopo dell'invenzione della vera Tragedia, o anche al tempo di Tespi, non cantava cosa alcuna, che a tutta l'Opera non fosse analoga e convenevole.
      Esprimeva i suoi sentimenti, o quei presunti degli Spettatori, col desiderio sempre timido di preparare gli animi loro agli avvenimenti consecutivi. Così il Coro, senza cessare di essere affatto quel che era stato, cangiò solamente la materia dei suoi Canti, e non divenne che una parte d'un gran tutto.
      Benchè sia molto difficile lo spiegare come i Cori ballassero, e cantassero nella Tragedia, ecco peraltro l'idea, che secondo il P. Brumoy possiamo formarcene. I personaggi del Coro si accordavano in guisa che quando erano in numero di quindici, comparivano in tre ordini di cinque l'uno o in cinque di tre, e parimente in proporzione allorchè si ridussero a dodici; poichè in tal caso la disposizione cadeva su' numeri tre e quattro. Facevano in seguito diverse evoluzioni, e prendevano aspetti diversi sia di gioja, sia di tristezza, conformemente all'impressione, che loro dava la guida o il Corifeo così detto. Il movimento più ordinario era molto misterioso, e proveniva dalla superstizione medesima, che regna anco in oggi presso dei Turchi, e consiste in imitare le revoluzioni dei Cieli e degli Astri, movendosi come quelli.


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Dizionario compendiato di antichità
di Etienne Jean Monchablon
Firenze dai torchi di Gio. Marenigh
1821-1822 pagine 560

   





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