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      Quando in mezzo ai penosi lavori della campagna si mettevano gli uomini a sedere per prendere qualche riposo insieme al loro cibo, si coprivano parte della testa onde procurarsi un riparo contro gli ardori dei raggi del Sole, cui erano esposti. Dapprima non se ne diedero gran pensiero, e poi si servirono a questo fine dei primi oggetti camperecci, che gl'imbattevano nelle mani. Spesso poche erbe da loro svelte, e che intralciavano insieme, servivano al loro scopo.
      Di qui la provenienza delle Corone di gramigna, Coronae gramineae; le Corone di foglie di Viti, Coronae Pamvinae; le Corone di Spighe, Coronae Spiceae, e tante altre Corone, come di foglie di querce, di pioppo, di mirto, d'olivo, di lauro, ec., di cui tanto si parla nella Favola, e nell'Istoria.
      Le Corone inventate così in quei pasti grossolani e rustici, ma deliziosi per la fame e la fatica, che ne facevano i condimenti, divennero in poco tempo il simbolo del riposo, del contento, e della gioja, e passarono in seguito sulle teste dei simulacri degli Dei, alla natura de' quali si annetteva l'idea d'una perfetta essenziale felicità. Ciascuna Divinità ebbe la sua corona particolare, e relativa agli attributi di ciascuna nel governo dalle cose terrestri, alle quali si credeva che presedesse. I lavoratori di terre coronarono Cerere di spighe; i vignajoli fecero a Bacco una corona di foglie di viti o di ellera, e sovente d'una porzione di ceppo della vite medesima insiem colle foglie e coi butti; Pale n'ebbe una d'erba mescolata di fiori campestri.


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Dizionario compendiato di antichità
di Etienne Jean Monchablon
Firenze dai torchi di Gio. Marenigh
1821-1822 pagine 560

   





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