L'indignazione però si risveglia quasi meno contro degli Spartani, che contro di certi Scrittori, i quali freddamente riportano simili fatti pressochè compiacendosene, e traendone lode per quel Popolo barbaro, in luogo di porli in quell'aspetto d'orrore alla posterità, cui gli rendono noti. Così è solita scriversi l'Istoria antica da più d'un Autore.
IMBALSAMAZIONE. Era un uso comunissimo presso gli Antichi e soprattutto presso gli Egizj quello d'imbalsamare i morti. Vi erano, secondo ciò che assicura Erodoto, tre differenti maniere d'imbalsamare usate in Egitto, e proporzionate alla spesa, che volevasi fare. Secondo la prima, che era la più costosa, si levava il cervello con un ferro introdotto dalle narici, e col mezzo d'iniezioni, che si facevano dalla apertura medesima. Se ne toglievano ancora i visceri mediante una incisione fatta sopra un lato con una pietra tagliente: si pulivano e si mettevano nel vino di palma e negli aromati sciolti nell'acqua. Si riempiva quindi il ventre di mirra polverizzata, e di ogni sorte di profumi, eccettuato l'incenso; o cucivasi la fatta apertura, e si copriva il corpo di natrum (specie di alkali) per settanta giorni continui. In seguito si lavava il cadavere, e dopo d'averlo tutto coperto di strisce di tela di lino ingommate si rendeva ai parenti.
Il secondo metodo esigeva minore spesa. Non si faceva veruna incisione al cadavere: si limitava la fattura ad injettare un liquore untuoso, che si ottiene dal cedro, ed avendo in seguito chiusa l'apertura per ritenere il liquore injettato, si poneva il corpo nel natrum come sopra per giorni settanta: in ultimo si levava dal ventre il liquore, che portava seco i visceri consumati o disciolti, e non restavano del cadavere che le ossa e la pelle.
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