L'autore deve qui una parola di ringraziamento al prof. Jacopo Dal Fabbro (Demetrio), dei cui giudizi sulla condotta delle guerre per l'indipendenza d'Italia si è molte volte giovato.
Ritornando a coloro che forse si meraviglieranno, che mentre in molte pagine combattiamo il culto della guerra, in altre si esalta il coraggio dei combattenti per la libertà e per la patria, e si indicano i fattori della vittoria, l'autore risponde che la pace, al cui trionfo ha dedicato tutte le sue forze, deve essere la pace dei liberi e dei forti.
Questa pace, toccherebbe ai governi veramente civili di stabilire e assicurare per sempre, e a questo scopo son rivolti gli sforzi degli amici e delle Società della pace d'ogni parte del mondo.
Ma poichè ne siamo tuttora lontani e c'è ancora nel mondo, sovratutto fra gli uomini di Stato, tanta gente che vede nelle guerre il miglior modo di accrescere potenza al proprio paese, è di suprema necessità che ogni popolo sia pronto a rintuzzare qualsiasi offesa gli fosse fatta da uno o più Stati, invadenti e prepotenti.
Coltivare perciò il coraggio, la costanza, lo spirito di sacrificio, la disciplina, tutte le virtù che danno ai popoli la coscienza della propria forza e il fermo proposito di far valere il proprio diritto, sarà anche nel presente secolo fra i più validi fattori di quella stabile pace, la quale preparerà la via alla federazione universale.
È questa la speranza che ha accompagnato l'autore nello scrivere questo compendio delle guerre, delle insurrezioni e degli sforzi che furono fatti nel secolo decimonono per arrivare al pieno conseguimento d'una vera pace basata sulla giustizia.
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