Dei principii della rivoluzione accettò quella parte che riguardava il diritto privato; non le libertà pubbliche, incompatibili coll'autorità suprema a cui agognava.
Opera e gloria della rivoluzione era stato lo spirito di umanesimo, che aveva trasfuso nei suoi principali atti e che aveva cercato di diffondere nel mondo.
Le sue guerre stesse le aveva fatte per abbattere tutte le tirannidi, e per inaugurare nel mondo l'êra della giustizia, della pace e della fratellanza dei popoli.
Ed ecco Napoleone, che rigetta l'umanesimo fra le utopie degli idealisti, salvo a far credere ch'era l'alta sua meta, quando a Sant'Elena cercherà di difendere la sua memoria dal giudizio severo della storia.
Volendo fare della Francia lo stromento docile della sua ambizione, e sentendo di poter colla guerra agognare alle maggiori conquiste, suo pensiero costante sarà di accarezzare e tener vivi gli istinti bellicosi del popolo francese, di inebbriarlo coi fantasmi della gloria guerresca e saturarlo di boria nazionale. Adulandolo in ogni occasione e in ogni tempo, per esserne a sua volta adulato e incensato, Napoleone comprese di buon'ora di poter trarre dalla Francia tutto il getto d'uomini e di denaro che a lui occorreva per mandare ad effetto i suoi disegni, ogni giorno più vasti, di dominio militare e politico.
Al sentirsi ognora chiamare la prima e più valorosa nazione, la Francia del popolo doveva finire per credersi tale, e per giudicare legittime tutte le conquiste che il novello Cesare faceva, dimenticando che ogni conquista voleva dire un'offesa ai principii della sua rivoluzione, e doveva crearle, nel popolo conquistato, un nuovo nemico.
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