Ma egli ciò affermando ignorava, o fingeva di ignorare, che le federazioni, per essere durevoli, devono nascere dall'elezione spontanea dei singoli Stati, non dalla forza. Il difetto del sistema napoleonico fu che tutte le sue parti erano tenute insieme dalla sola forza; scossa questa, tutto l'edificio doveva crollare. Lo si vide all'indomani del disastro di Russia.
Le tragiche peripezie di questa campagna son troppo note, per doverle qui ricordare.
Contro il parere dei ministri e dei suoi migliori generali dichiara guerra alla Russia, e alla testa di 500,000 uomini, la maggior parte dei quali apparteneva a Stati alleati, vale a dire vassalli, passa il Niemen il 24 giugno 1812, ed occupa senza combattimento tutta la Lituania.
Dopo Wilna i viveri cominciano a scemare, e l'esercito a diminuire di numero per fame, per malattie e diserzioni.
Nella battaglia della Moskova i russi perdono 50,000 fra morti e feriti, e i francesi 20,000. Ma il grande esercito era già ridotto d'una buona metà quando entrò in Mosca; per colmo di sciagura pochi dì dopo tutta la città venne data alle fiamme.
Attendendo proposte di pace, che mai non arrivano, Napoleone perde un tempo prezioso, e si decide alla ritirata verso la fine d'ottobre, quando, avvicinandosi l'inverno, la permanenza in Russia, colla penuria di viveri, diveniva pericolosissima.
Era tardi. La ritirata, fu un continuo flagello.
Imperversando il freddo e la neve, mancando i viveri, ogni tappa, ogni passo erano segnati da scene di dolori e di spasimi orrendi; morenti di freddo e di fame, i soldati abbandonavano armi e munizioni; molti impazzirono.
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