Dopo il passaggio della Beresina, Napoleone abbandonava precipitosamente il suo esercito, (come aveva fatto in Egitto) dando nel suo bollettino alla Francia la bella notizia, che, secondo lui, doveva valere come l'annuncio di prossime sicure vittorie, "mai la salute dell'imperatore era stata così eccellente!"
Dei 500,000 ch'erano entrati in Russia, soltanto 50,000 - una decima parte - poterono ritornare ai loro focolari.
Erano i perduti qualche cosa di più di quei cento mila uccisi in battaglia, che Napoleone, in un colloquio avuto qualche anno prima con Metternich, aveva detto che nei suoi calcoli contavano zero!
Allora avvenne ciò che tutti gli uomini di senno avevano già preveduto: gli alleati per forza ruppero, chi prima, chi poi, la catena che li teneva avvinti al carro del trionfatore, e formarono contro Napoleone una coalizione, che raccoglieva quasi tutti gli Stati d'Europa.
Napoleone fidente nel suo genio guerresco credette di poter vincere tanti nemici; e vinse gli alleati a Lutzen, a Bautzen e a Wurschen; e dopo un breve armistizio, li vinse di nuovo a Dresda. Ma invano, perchè a Lipsia, dove egli aveva concentrato il maggior numero delle sue forze, subì, per la prima volta in vent'anni di guerre, una irreparabile disfatta.
Allora la guerra si portò in Francia. Ma non era più la Francia del 1793, quando le legioni improvvisate dei volontari, animati dalla fiamma della libertà, respinsero gli eserciti invasori. La fede nel genio del gran guerriero era perduta, la sua ambizione, delle cui tante vittime non v'era famiglia che non portasse il lutto, aveva tutti stancato.
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