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Nominato, lui riluttante, presidente della repubblica di Colombia, con poteri dittatoriali, manda le dimissioni, scrivendo:
«Per amore del mio buon nome desidero torre ai miei concittadini ogni timore, e assicurarmi dopo morto una memoria degna della libertà».
Al principio del 1830 rinuncia irrevocabilmente alla presidenza, risoluto, come Solone, a espatriare.
«Mi ritiro, disse ai colombiani, affinchè la mia presenza non sia ostacolo alla felicità dei miei concittadini. È il bene del mio paese che mi impone la dura necessità d'un esilio eterno dalla mia patria.»
E perchè alcuni sospettavano quella sua abnegazione non fosse che una finta per farsi offrire la corona, «Mi credono così insensato - ebbe a dire - da aspirare a degradarmi? il titolo di liberatore non è più glorioso di quel di sovrano?»
Morì quand'era in procinto di lasciare l'America.
Un guerriero egualmente vittorioso come Bolivar, e, come lui e come Washington, sdegnoso di onori supremi, lo ebbe nel secolo ultimo anche l'Europa, e quest'uomo è nostro: Garibaldi!
La rivoluzione francese del 1830
La Santa Alleanza era stata coerente nella sua politica reazionaria. Non riconoscendo nei popoli una qualsiasi personalità giuridica, aveva compreso nella sua avversione tanto il principio di nazionalità quanto le Costituzioni. Essa considerava lo Stato come cosa personale del principe, responsabile dinanzi a Dio solo dell'uso della sovranità.
Ma i Borboni portati in Francia, nel 1814 e 1815, sui carri della Santa Alleanza, furono ben lieti di poter riguadagnare il trono dei loro avi a prezzo di una Carta costituzionale, nella quale, a somiglianza di quella inglese, le attribuzioni del re erano limitate dalla responsabilità dei ministri, e i diritti della nazione garantiti da una Camera elettiva (il Senato era di nomina regia).
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