È ben vero che gli elettori erano in tutta la Francia non più di 200 mila, formati da contribuenti, che pagavano non meno di 300 franchi all'anno d'imposte dirette.
Ma una monarchia costituzionale non può durare, se non ha forti radici nel sentimento popolare, o, mancando questo, l'appoggio di una classe dirigente non al popolo invisa.
Ora a Luigi XVIII mancava assolutamente la prima di queste condizioni, perchè il popolo, specialmente nelle campagne, man mano che si allontanavano le memorie delle innumerevoli vittime da lui date al gran guerriero, aveva per Napoleone un culto che teneva del feticismo, in esso mantenuto dai racconti dei vecchi soldati della Grande Armata, che di Napoleone esaltavano ogni atto, ogni parola, ogni gesto, e grazie ai poeti, ai novellieri, a Beranger sovratutto, i quali con immensa incoerenza, per amore di opposizione alla monarchia, diedero all'epopea napoleonica il tributo della loro fantasia.
V'era bensì una classe ricca di coltura e di ingegno, devota alla dottrina costituzionale, desiderosa di fare della Francia l'Inghilterra del continente, ma mancava fra essa e il principe quella fiducia, che in un paese sconvolto per molti anni da rivoluzioni e da guerre, è necessaria a superare gli ostacoli che interessi e passioni frappongono sovente al pacifico funzionamento d'un governo rappresentativo.
Le simpatie di Luigi XVIII erano tutte per il partito dei nobili, il quale nulla avendo imparato dalle terribili lezioni della Rivoluzione, considerava come un'usurpazione sui diritti della Corona ogni nuovo passo che il parlamento tendeva a fare nella via della libertà.
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