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      Il 29 gli insorti presero l'offensiva nei quartieri dell'ovest, assalirono le truppe nelle caserme, gli svizzeri nelle Tuileries.
      Dappertutto la truppa, non ben diretta, troppo scarsa in una città vasta come Parigi, combattè con titubanza. Una parte dei soldati, tutto il 33.° di linea, passò agli insorti; il resto della guarnigione abbandonò Parigi.
      L'insurrezione aveva trionfato.
      La vittoria era stata dei repubblicani; ma essi sentivano che, pei cattivi ricordi che il 93 aveva lasciato, la repubblica aveva allora in Francia troppo pochi partigiani, e non fecero opposizione quando la «Commissione esecutiva», riunita nel palazzo di Città, risolse di offrire la corona a Luigi Filippo, il quale durante la restaurazione s'era tenuto sempre lontano dalla Corte, e in rapporti più o meno intimi con alcuni dei più eminenti liberali.
      Il manifesto dettato da Thiers, allora popolarissimo, ne dava l'annuncio al popolo con queste parole: «Carlo X non può più rientrare in Parigi, dove ha fatto versare il sangue del popolo. La Repubblica ci esporrebbe a terribili divisioni, e ci guasterebbe coll'Europa. Il duca d'Orléans è un principe devoto alla causa della rivoluzione... Era a Jemmapes. Portò al fuoco i tre colori e potrà portarli di nuovo.»
      La presentazione era abile, ma l'allusione a probabili nuove battaglie, nella quale un gran numero di francesi doveva vedere poco meno che una promessa della riconquista delle rive del Reno, non era la meglio indicata per dire in quel momento alla Francia e all'Europa la via in cui si sarebbe messo il nuovo regno.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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