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      Invece fin dai primi giorni l'Inghilterra si mantenne in rigoroso riserbo. Chlopicki, che, non contento del comando militare, volle essere anche dittatore, agì in modo da giovare alla causa del despota russo più che a quella della Polonia. Consumando in opere vane, come le fortificazioni di Varsavia, un tempo prezioso, lasciò che sbollisse l'entusiasmo dei primi giorni, avviò trattative col granduca Costantino e con Pietroburgo, quando si doveva combattere, non organizzò l'esercito, si mise in lotta colla parte democratica, chiuse i Circoli, fece arrestare il repubblicano Lelewel, letterato di bella fama, caro alla gioventù, e soppresse il manifesto col quale i migliori patrioti, narrate all'Europa le sventure patite, annunziavano spartanamente: «se la libertà della Polonia dovesse perire, il nemico non potrà regnare che sopra un deserto in mezzo alle rovine delle nostre città e ai cadaveri dei loro difensori.»
      Lo czar, che aveva simulato miti intenzioni finchè non ebbe compiuto i suoi apparecchi guerreschi, divenne feroce quando fu pronto alla guerra.
      In una delle note da lui mandate alla Dieta di Varsavia, aveva scritto di suo pugno: «Io sono il re della Polonia, e ne farò scempio. Il primo colpo tirato dai Polacchi, annienterà la Polonia.» Pur troppo mantenne la parola.
      Non ostante tali minaccie, la Dieta votò ad unanimità la decadenza dei Romanoff e l'indipendenza della Polonia.
      Ma la sfiducia era già entrata nel campo degli insorti, e ad un esercito forte di 150,000 uomini, che lo czar inviò contro la Polonia, essa non potè opporne che 80,000.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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