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      Niente di più giusto della spedizione, fatta negli ultimi due anni della Restaurazione borbonica, che mise la Francia nel possesso di Algeri.
      Liberato il Mediterraneo dai pirati algerini, che lo infestavano con grave danno del commercio e dei naviganti, i quali, fatti prigioni, venivano venduti come schiavi, l'invasione francese avrebbe dovuto arrestarsi.
      Trattati di traffico e di amicizia coi bey dei villaggi vicini avrebbero giovato alla Francia e alla civiltà, più che una guerra continuata per oltre mezzo secolo, senza aver condotto neppure oggi alla desiderata pacificazione.
      La Francia pur troppo non seppe resistere alla tentazione, comune a tutti i conquistatori, di approfittare degli acquisti fatti colla superiorità delle armi per cercarne di nuovi. È per questo che la colonizzazione armata fu somigliata alla macchia d'olio, che sempre si allarga, finchè un ostacolo insuperabile o un gran disastro non l'arresti.
      In questa guerra combattuta per lunghi anni con estremo accanimento dalle due parti, furono commesse, anche da parte dei francesi, azioni così feroci, che non sarebbero credibili, se non fossero narrate da quei medesimi che n'erano stati attori o testimoni.
      Basti ricordare la sorte toccata ad una banda di arabi, che, riparatisi in una caverna per sottrarsi a un inseguimento, avendo avuta otturata l'uscita dagli inseguenti con fieno umido a cui fu dato fuoco, morirono tutti asfissiati.
      La conseguenza d'una conquista fatta con mezzi tutt'altro che civili, è che a tutt'oggi a qualche chilometro fuori delle città presidiate da buone armi, le tribù arabe sono ancora di fronte all'invasione francese in istato di guerra, e nessuno può arrischiarsi a fare un passo nell'interno senza essere fiancheggiato da buona scorta d'uomini armati.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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