Vi erano bensì liberali, che videro di buona ora lo strano equivoco di voler fare di un papa il campione della libertà e nazionalità d'Italia, ma compresero ad un tempo l'immensa forza che poteva derivare da siffatta illusione.
Per la prima volta dopo parecchi secoli di divisione e di atrofia della vita politica, l'italiani avevano trovato un nome, un simbolo, una forza che tutti li riuniva; non sarebbe stato un errore privarsene?
Poichè anche fuori dello Stato pontificio, i governi più retrogradi d'Italia non potevano ascrivere a reato l'acclamazione al pontefice, il grido di Viva Pio IX fu adottato dovunque come parola di libertà e d'azione. Il movimento liberale, trovato così un punto di appoggio, divenne irresistibile.
I gabinetti di lettura, i Congressi scientifici, i luoghi medesimi di divertimento si tramutarono quasi ad un tratto in focolari di agitazione politica.
L'idea in cui tutti convenivano era questa: Le discordie intestine essendo state la prima causa della servitù d'Italia, la concordia degli italiani dei diversi Stati era condizione necessaria alla sua liberazione.
Dunque, scopo supremo: l'indipendenza d'Italia dallo straniero, e le popolazioni italiane non soggette all'Austria messe in condizione, con liberi ordinamenti, di riunire a tale scopo tutte le loro forze.
Riforme e Nazionalità divennero perciò le parole annunciatrici dei nuovi destini, che si ripetevano in tutte le riunioni, e davano l'indirizzo al movimento liberale nei diversi paesi d'Italia.
La prova di questo comune sentimento la si vide il 5 dicembre 1846, anniversario della cacciata degli austriaci da Genova.
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