In quel giorno le vette degli Apennini, dalle montagne della Liguria fino all'estrema Calabria, furono tutte illuminate.
Quei fuochi, a coloro che ne chiedevano la causa, dicevano che gli italiani, da secoli, disgiunti, volevano, secondo natura, far parte di una medesima patria, e dicevano anche che il momento si avvicinava di riunire tutte le forze delle varie regioni per farla indipendente e libera.
Pio IX intanto, divenuto idolo delle popolazioni come capo di una Chiesa non più nemica della libertà, andava molto a rilento nel dar mano alle riforme che aveva promesse. Non per questo perdevano fede le popolazioni, che di quell'indugio attribuivano la colpa ai gesuiti, ancora in buon numero nella Curia romana. Il 25 marzo 1847, uscito Pio IX di palazzo, sessantamila persone accorsero sul suo passaggio e lo accompagnarono dalla piazza della Minerva al Quirinale, ripetendogli questo grido pieno di speranza e di fiducia: Coraggio, Santo Padre! Confidatevi al vostro popolo!
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Ma in Pio IX erano già cominciati gli scrupoli di essersi spinto più in là di quanto gli interessi della Chiesa gli consentivano, e perciò indugiava ancora a concedere le riforme desiderate. Questo ritardo faceva rinascere da un lato il malcontento della parte radicale nelle Romagne, e dall'altro rialzava il coraggio dei sanfedisti, che già si facevano minacciosi in molti luoghi.
Ma proprio nel momento in cui il movimento liberale poteva subire un disgraziato arresto, l'aiuto venne di dove meno s'aspettava.
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