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      Il collettivismo predicato dippoi per tanti anni nel campo economico, allora si vide effettuato, quasi senza predicazione, nell'ordine politico e morale.
      L'apatia ch'era stata per lunghe generazioni il difetto ereditario delle popolazioni italiane per tutto quanto riguardava gli interessi politici del paese, era ad un tratto cessata, e uno spirito di civile solidarietà, fatto di amore e di fede, dominava anche nei piccoli centri, e suggeriva nei momenti importanti la risoluzione migliore. L'idea della Patria, che da schiava si voleva far libera e gloriosa nel mondo, aveva fatto il miracolo.
      Senza torcere un capello a nessuno, il popolo italiano nella sua lotta contro il dispotismo aveva mostrato dappertutto la sua superiorità morale, e, dove non l'aveva vinto, l'aveva costretto a disonorarsi, coll'uso della violenza, in faccia al mondo.
      In pochi mesi aveva fatto tali conquiste, che altrove erano costate secoli di lotta.
      Non erano tutti uomini di mente straordinaria quelli che avevano avuto la principale parte in quel periodo di feconda preparazione. Li vedemmo quasi tutti alle prove nel 1848, quando, avute nelle loro mani le sorti del paese, in un momento così vitale per la nazione italiana, quasi dovunque le rovinarono.
      La ragion principale della fortuna che coronò il primo periodo del risorgimento, sta nell'avere allora tutti compreso che ciò che più importava era l'indipendenza dall'Austria e l'acquisto delle più elementari libertà dove l'opinione pubblica era più forte dei governi; e compreso del pari che, a raggiungere quei due scopi, bisognava lasciare in disparte le idee in cui l'accordo cessava, insistendo nelle quali si sarebbe rotto il fascio delle forze popolari.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





Patria Austria