L'unione nelle cose essenziali e di più vicina realizzazione, in cui più partiti si trovino intellettualmente concordi, rimettendo al futuro ciò a cui il ritardo non nuoce, e in cui l'accordo cessa, sarà in ogni tempo la via migliore del progresso - lo sappiano gl'impazienti e gli intransigenti di tutti i partiti.
L'istinto popolare era allora venuto in aiuto degli uomini di dottrina, facendo del nome di Pio IX il compendio di tutte le aspirazioni, il simbolo di libertà e di indipendenza, che lasciava impregiudicata la questione della costituzione definitiva d'Italia.
Disgraziatamente il bell'accordo si ruppe proprio quando più importava mantenerlo.
Cominciata la guerra all'Austria, Carlo Alberto ebbe paura dei repubblicani e i repubblicani diffidarono di Carlo Alberto. Da una parte e dall'altra si dimenticò che, contro una potenza militare di prim'ordine qual'era l'Austria, le forze riunite dell'Italia non erano eccessive.
Carlo Alberto considerando inoltre la Repubblica Francese come un vicino più pericoloso dell'Austria, aveva lanciato di buon'ora il superbo motto l'Italia farà da sè, ch'era un ammonimento alla Francia di non ingerirsi nella questione italiana, come cosa che non la riguardava.
I repubblicani d'Italia non videro in tempo nè la malizia, nè i pericoli che in quella superba parola erano ascosi. E così l'Italia si condannava da sè medesima all'isolamento, proprio nel momento in cui, sorgendo, doveva dar pegno di affratellamento e di fiducia a tutte le nazioni, accettando di buon grado le offerte di aiuti che fraternamente le venivano fatte, aiuti i quali accrescendo le forze dei combattenti per la causa della civiltà, avrebbero reso più breve e meno micidiale la guerra.
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