La sera del 15 la flotta arrivata da Napoli sbarcò 5000 uomini, comandati dal gen. de Sauget. Ma neppure con questo rinforzo i regi si arrischiarono di penetrare nella città.
Preso da essi il 17 il Convento dei Benedettini, passarono a fil di spada i frati e quanti inermi vi si erano rifugiati. Ripreso poi quel convento dagli insorti, tutti i soldati fatti prigionieri ebbero salva la vita. Così il popolo vendicava i suoi morti.
Il bombardamento non rallentò un sol giorno, senza che mai venisse meno nel popolo il proposito della resistenza.
Il capitano inglese Lyon, addetto alla legazione inglese, così scrisse nella sua relazione a Lord Napier: - «Il ricco e il povero, il nobile e il contadino non hanno in bocca che un sol discorso: esser meglio morire che transigere col governo: ruinassero sul loro capo tutti gli edifici di Palermo, essi non cederebbero».
Il 24 gennaio era stato giorno di vivissimo fuoco dalle due parti; gli insorti con una piccola batteria avevano distrutto una specie di bastione che difendeva il palazzo reale, ma giunta la sera non avevano più munizioni. Solo uno sforzo che i regi avessero allora fatto e una parte della città sarebbe caduta in loro potere. Invece, venuta la notte, il luogotenente regio, De Majo, riunito il Consiglio di guerra, decise di evacuare il palazzo reale, e colle famiglie degli impiegati, coi feriti, colle salmerie il mattino dell'indomani fece vela per Napoli.
Rimase per schiacciare l'insurrezione il generale De Sauget con 10,000 uomini.
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