Quando il generale colla truppa arrivò sulla piazza della reggia, la trovò tutta invasa dai dimostranti e dal popolo. Fatta una prima intimazione di sciogliersi, nessuno si mosse. Gli artiglieri avevano pronta la miccia per dar fuoco, ma anche alla seconda intimazione, invece di fuggire, i giovani ch'erano in prima linea, gridando Viva la Costituzione! indicavano la coccarda tricolore che avevano sul petto, perchè i soldati vi appuntassero la mira. Statella impallidì, e ricordandosi di essere uomo prima che soldato, sentì che non obbedire all'ordine del re era in quel momento l'obbligo suo. Scostò colla sciabola il braccio d'un soldato che stava per dar fuoco, e ordinò alla cavalleria di abbassare le armi. Indi mischiandosi alla folla, le prodigò consigli, esortazioni e promesse, assicurando ch'egli stesso si sarebbe fatto interprete presso il re dei voti della cittadinanza. E così fu. La dimostrazione si sciolse pacificamente, e il generale Statella, presentatosi subito dopo al re, gli parlò con linguaggio così fermo della necessità di cedere ai voti di tutta la città, che l'indomani il ministro della resistenza, Del Carretto, era dal re licenziato, e la mattina del 29 sui muri della città leggevasi il decreto, col quale Ferdinando concedeva la Costituzione, e ne indicava le basi, ch'erano quelle della Costituzione belga del 1830.
La gioja del popolo fu immensa. I ricordi di 18 anni di governo crudelmente dispotico parvero seppelliti. Per più giorni il re fu segno alle manifestazioni di esultanza della capitale e delle provincie continentali.
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