Un re buono e intelligente sarebbe stato lietissimo di sentirsi in così cordiale comunione col suo popolo; a re Ferdinando invece quelle dimostrazioni sembra abbiano prodotto un effetto profondamente disgustoso, e forse fino d'allora concepì nel suo pensiero il disegno, che mise in opera pochi mesi dopo, di lacerare la Costituzione da lui giurata, di far imprigionare i capi costituzionali e di voler essere, come in passato, re assoluto, arbitro unico delle sorti del suo regno; con quale profitto della sua dinastia lo videro pochi anni dopo il figlio e i congiunti suoi.
L'insurrezione di Parigi
Alla vigilia del 22 febbraio nessuno in tutta la Francia, eccettuati i pochi repubblicani pieni di fede negli istinti rivoluzionari del popolo, si immaginava che il conflitto sorto fra il Comitato organizzatore del banchetto del XII circondario, e il ministero che lo aveva vietato, dovesse condurre la monarchia di Luigi Filippo alla catastrofe.
Il re non era odiato, e la fortuna che lo aveva assistito in tutte le fortunose vicende del suo regno, e fatto uscire incolume dai molti attentati tesi contro di lui, doveva far credere che egli sarebbe morto sul trono, e che la corona sarebbe passata senza difficoltà sul capo all'erede, allora fanciullo, Enrico V.
Vi credevano gli oppositori costituzionali, ed è forse per questo che furono proprio essi i principali autori della sua caduta.
Erano soltanto impazienti di rovesciare il ministero Guizot; alcuni perchè fautori di un sistema di governo più liberale, altri spinti specialmente dal desiderio di prenderne il posto.
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