Una folla d'uomini, donne e fanciulli inondava le vie scintillanti di luce, e sui visi di tutti leggevasi un'aria di festa.
Se nella lotta si risvegliano gli istinti di combattività, e i combattenti ne sono esaltati, non è men vero che la fine d'una lotta, specialmente civile, riempie l'animo d'un popolo civile di ineffabile compiacimento.
Anche una parte degli uomini del popolo che avevano combattuto alle barricate volle associarsi alla pubblica esultanza, festeggiando la propria vittoria.
Una lunga schiera di combattenti, alcuni dei quali portavano torcie, dopo aver fatto un giro intorno alla colonna di luglio in segno dell'omaggio che i vincitori del 1848 rendevano ai caduti del 1830, continuò la sua via sui boulevards.
Arrivata in via Lepelletier, davanti agli uffici del National, si arrestò. Pareva aspettata.
Subito dopo comparve ad una delle finestre il direttore del giornale repubblicano, Marrast, il quale coll'accento vibrato del tribuno, si rallegrò coi combattenti della vittoria riportata; ma aggiunse:
«Il popolo ha diritto a delle garanzie e ad una riparazione. Deve esigere la messa in accusa del ministero, il licenziamento della Guardia municipale (guardia di polizia) e le riforme elettorale e parlamentare».
E conchiuse colle seguenti parole, le quali in quel momento indicavano la via che un governo democratico avrebbe seguito nella politica estera:
«Finalmente non dimentichiamo che questa non è vittoria solamente per la Francia, ma lo è anche per la Svizzera» allora minacciata dall'Austria e dalla Prussia «e per gli italiani».
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