Dal momento che il governo uscendo dalla Costituzione, o violandone lo spirito, si era messo in lotta col popolo della capitale, non era dovere dell'esercito di schierarsi dalla parte del popolo, o, come un minor male, astenersi dal conflitto?
Animati da questo pensiero, alcuni generosi si presentarono come parlamentari ai comandanti delle truppe acquartierate nelle caserme San Vittore e di via Tournon, e sostennero così eloquentemente le ragioni del popolo combattente, che le due caserme furono senza combattimento consegnate al popolo, col quale i soldati furono ben lieti di fraternizzare.
Rotto l'incantesimo che li teneva legati al comando dei superiori, anche i comandanti di altre tre caserme si arresero.
Fra i generosi, che ebbero una bella parte in queste vittorie incruente, vi fu un giovane biondo, che somigliava al Nazzareno. Egli s'era gettato nella mischia senz'armi colla fede d'un apostolo, affrontando i maggiori pericoli dove credeva i suoi consigli potessero giovare. Era Giuseppe Sirtori, che doveva poi nelle guerre dell'indipendenza e unità d'Italia rendere glorioso il suo nome per intrepidezza di soldato e valentia di generale. Come antico prete, è però bello che la sua prima azione in una lotta armata, sia stata diretta a disarmare la violenza.
La non resistenza dei soldati non si arrestò alle caserme.
Sulla piazza della Bastiglia una compagnia di linea, invece di far fuoco contro una schiera di insorti, alzò in alto il calcio dei fucili, gridando: Viva la Guardia nazionale!
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