Non tutti, ma i più ardenti e i più popolari repubblicani francesi del 1848 avrebbero voluto fare della Francia il cavaliere armato dell'emancipazione universale. Se in questa idea non erano unanimi, è perchè molti ricordavano le guerre passate come una delle cause che avevano fatto tralignare la prima Repubblica, e temevano che un soldato vittorioso avrebbe potuto farsi di nuovo padrone della Francia. Ma in questo pensiero eran tutti d'accordo: che la Francia, divenuta arbitra delle sue sorti, avrebbe cooperato alla liberazione di quei popoli, a cominciare dai più vicini, che fossero trovati in lotta coi loro oppressori.
Il principio di solidarietà cogli altri popoli, ereditato dalla prima rivoluzione, faceva parte essenziale della dottrina repubblicana.
Tutti i libri di scrittori democratici (Giorgio Sand, Lamennais, L. Blanc, C. Didier, H. Martin, Michelet, Quinet) sono informati a questo carattere. In tutti gli atti più importanti dell'opposizione radicale - dal Memorandum del 1832 agli elettori fino agli ultimi discorsi pronunciati in gennaio alla Camera, discutendosi l'indirizzo di risposta al discorso della Corona - i nomi d'Italia e di Polonia e, in ultimo, quello della Svizzera, sono ricordati per affermare il dovere della Francia di assumerne al momento opportuno la difesa.
Della desiderata e proclamata alleanza coi popoli liberi, o lottanti per la loro libertà, erano pegno la comune fede e i legami di amicizia stretti dalla democrazia coi più ardenti patriotti italiani, polacchi, spagnuoli, russi e tedeschi, i quali, profughi dalla loro patria dopo i moti del 1831, avevano preso dimora in Parigi.
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