«La democrazia un tempo faceva tremare i troni e scuotere le basi della società. Oggi i troni e i popoli si sono abituati alle parole, alle forme, alle agitazioni regolari della libertà, esercitata in proporzioni diverse in quasi tutti gli Stati, anche monarchici. Essi si abitueranno alla repubblica, che è la sua forma completa presso le nazioni più mature».
Poi, a dimostrare che non soltanto l'amore dei principî, ma l'interesse consigliava la Francia ad astenersi dalla guerra, soggiungeva:
«Non è la patria che corre i maggiori pericoli nella guerra, è la libertà. La guerra è quasi sempre la dittatura.
«I soldati dimenticano le istituzioni per l'uomo; i troni adescano gli ambiziosi...
«La repubblica francese non farà dunque guerra ad alcuno. Essa l'accetterà, se saranno fatte al popolo francese condizioni di doverla fare».
Qui toccava il punto scabroso:
«I trattati del 1815 non esistono più in diritto agli occhi della repubblica francese; tuttavia, le circoscrizioni territoriali di questi trattati sono un fatto, ch'essa ammette come base e punto di partenza nei suoi rapporti colle altre nazioni».
Poi seguivano queste, per noi italiani, più importanti dichiarazioni:
«Noi lo diciamo altamente: se l'ora della ricostituzione di alcune nazionalità oppresse, in Europa o altrove, ci sembrerà sia suonata nei decreti della Provvidenza; se la Svizzera, nostra fedele alleata sin da Francesco I, fosse coartata o minacciata nel suo moto di interno sviluppo; se gli Stati indipendenti d'Italia fossero invasi; se fossero imposti limiti od ostacoli alle loro interne trasformazioni; se fosse loro contestato il diritto di allearsi fra essi per consolidare una patria italiana, la Repubblica francese si crederebbe in diritto di armarsi essa medesima per proteggere questi movimenti legittimi di risorgimento e di nazionalità dei popoli».
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